HUME E GLI ESITI SCETTICI DELL'EMPIRISMO
Hume
La scienza dell’uomo
di carattere sperimentale
Hume fu un filosofo dai nuovi approcci ai problemi
filosofici, il suo primo trattato che fu un insuccesso editoriale, aveva lo
scopo di disegnare una nuova scena del pensiero che doveva
cambiare l'approccio ai tradizionali problemi filosofici.
Hume si rende conto della fragilità dei sistemi
filosofici più accreditati, e sente per questo motivo l'esigenza di
sottoporre il pensiero a un esame critico.
Secondo Hume nei sistemi filosofici più accreditati non è
più la ragione ad avere un posto centrale bensì l’eloquenza;
infatti, secondo il filosofo anche le idee più stravaganti e bizzarre riescono
ad avere successo se presentate con una grande abilità retorica.
Per scavalcare questo grande ostacolo Hume sostiene che
bisogna iniziare una riflessione direttamente sulla natura umana, per
delineare una scienza dal carattere sperimentale e non metafisico.
L'elaborazione di una scienza dell'uomo di carattere
sperimentale secondo il filosofo è ancora più importante della stessa
Fondazione della scienza della natura operata da Newton perché, secondo lui,
tutte le altre conoscenze dipendono in un modo o nell'altro dalla natura umana;
E se quindi conosciamo quella possiamo progredire in tutti gli altri ambiti sia
quelli delle scienze fisiche, sia quelli della morale e della religione.
La percezione, le
impressioni e le idee
In linea con il metodo sperimentale Hume analizza
la conoscenza umana sostenendo che la percezione e la sua unica fonte.
Distingue poi le percezioni in due tipologie
1.
le impressioni
2.
le idee
Le impressioni sono le percezioni del momento in cui sono attuali,
quando colpiscono con maggiore forza di evidenza la coscienza, se tocco un
ferro rovente ho subito l'impressione viva e acuta del dolore.
Le idee sono le immagini
usurate delle impressioni, l'immagine del dolore dopo aver toccato il
ferro nella mente, meno vivida dell'impressione reale, come un riflesso.
Le impressioni e le idee sono frutto delle medesime
percezioni considerate però in tempi diversi, da ciò possiamo capire
che tutte le idee devono essere ricondotte alle loro impressioni originarie,
cioè alla percezione nella sua attualità.
Se risulta impossibile trovare le impressioni che
hanno originato un'idea bisogna concludere che essa è priva di significato,
come le idee astratte della metafisica, ad esempio, che sono costruzioni
arbitrarie senza un effettivo fondamento.
Infatti, secondo l'assunto del filosofo la mente umana
dipende sempre e necessariamente dalle sue impressioni, di fatto quando
vogliamo mostrare al bambino l'idea del colore arancione, presentiamo degli
oggetti che gli forniscano l'idea di arancione, in altri termini gli
procuriamo le impressioni corrispondenti.
Attraverso l'immaginazione bisogna ricordare che il pensiero
può combinare e comporre le idee che derivano dalle impressioni per formare dei
concetti che non possiedono però un corrispettivo nella realtà, come ad esempio
unicorno o ippogrifo.
Il principio di
associazione tra le idee
Hume poi individua due facoltà con le quali possiamo conservare nella
mente le impressioni e collegare tra loro le idee che ne derivano
-
la memoria serve per
conservare l'ordine e la posizione delle idee semplici come
ricordare persone luoghi nei tempi in cui le abbiamo conosciute
-
l'immaginazione serve
per stabilire delle relazioni tra le idee, operando con una certa libertà e non
rispettando l'ordine e la forma con cui le impressioni si presentano alla mente
Anche se c'è più un'autonomia nell'ambito dell'immaginazione
le nostre idee si presentano per lo più organizzate secondo schemi fissi
perché anche l'immaginazione è costretta a seguire
il principio di associazione, una sorta di attrazione
tra le idee.
Il principio di associazione opera a secondo tre criteri
fondamentali
1.
la somiglianza che porta ad associare le idee
simili, pensando che un paesaggio scozzese pieno di colline possiamo ricondurre
l'idea anche alle colline toscane
2.
La contiguità come la “continuità spazio temporale”
che ci permette quando ricordiamo la casa dell'infanzia di ricordare il caso
vicine del quartiere
3.
la relazione causa effetto può essere ad esempio
con un bosco bruciato che richiama subito l'idea del fuoco che ha provocato
l'incendio.
Due tipologie di conoscenza: la certezza e la probabilità
i criteri associativi di cui abbiamo precedentemente
parlato determinano quelle che per Locke erano le idee complesse, idealizzi e
dalle loro associazioni proviene gran parte del sapere umano.
È da chiedersi però se le idee complesse e le loro
associazioni sono affidabili!
Hume risponde dicendo che possiamo essere certi
assolutamente solo di quelle idee che implicano una pura relazione tra idee e
che si ottengono derivando un'idea dall'altra senza bisogno di ricorrere all’esperienza;
quindi, possiamo affidarci solamente a quelle idee che sono
certe perché intuitive e internamente costruite dalla nostra mente secondo un
principio logico di non contraddizione, come ad esempio le verità matematiche. 2+2
fa 4
quando invece ci imbattiamo in relazioni tra dati di
fatto, cioè quelle idee che sono riferite a eventi o a fatti
dell'esperienza non possiamo mai essere assolutamente certi della loro
verità, ma possiamo solamente considerarle probabili. Basti
pensare all'idea del sole che sorge, non possiamo esserne assolutamente certi
ma l'idea in sé implica un'esperienza avvenuta ciclicamente quindi deve essere
presa come una probabilità.
Il principio di
causalità
Le conoscenze relative ai dati di fatto, la maggior
parte delle volte sono soltanto probabili e sono caratterizzate dal
principio di causalità.
L'origine dell'idea di causa secondo Hume rimanda
all'esperienza, se metto un dito nel fuoco affermò che il
fuoco è stato la causa della scottatura, l'impressione B si presenta
sempre dopo l'impressione A.
Che cos'è dunque la relazione a causa di effetto? È
semplicemente la tendenza della nostra immaginazione a proiettare nel futuro
ciò che si è presentato con regolarità.
Infatti, attribuiamo la nozione di causa ha un
determinato fenomeno che però è condizionato semplicemente dall'abitudine della
nostra mente, perché non c'è un principio innegabile che per forza il
fuoco ci abbia causato la bruciatura. Siamo come sicuri che per forza ha
contenga una capacità o un'essenza che necessariamente riprodurrà l'effetto B. Abbiamo
quindi questa tendenza a fare l'errore di trasformare il post hoc cioè il
dopo questo in propter hoc, a causa di questo.
L'abitudine come
fonte di credenza
Dunque, secondo Hume l'esperienza non può garantire che i
due fenomeni che si presentano oggi connessi tra loro lo saranno anche nel
futuro, così come l'esperienza non può garantire l'uniformità del corso
della natura.
E l’abitudine, infatti, che ci porta a ritenere
che il mondo fisico sia retta dai principi universali e che il suo
comportamento sia regolare, costante.
Dall'abitudine nasce la CREDENZA, un
istinto naturale che ci spinge a dare assenso alle impressioni che hanno
maggiore forza e vivacità rispetto alle idee.
La credenza ci permette di essere certi in fondo
all'animo nella costanza dei fenomeni attestati dall'esperienza. Anche
quando dormiamo, o neghiamo il fatto che il sole sorgerà, in fondo siamo certi
che invece al mattino sorgerà.
Dunque, L'UOMO PUÒ AGIRE IN BASE ALLE CREDENZE MA NON HA
CERTEZZE
La critica all'idea di sostanza
Hume distingue tra la sostanza spirituale l'io e l'anima e la sostanza
materiale, i corpi fuori di noi.
Parlando delle sostanze materiali la nostra mente percepisce soltanto
le impressioni di singole qualità delle cose, e poiché l'esperienza ci si
presenta sempre connessa a tale qualità pensiamo per abitudini che sempre
attengano ad un'entità che identifichiamo come una cosa o una sostanza, ma
in realtà quest'ultimo è soltanto il nome che siamo soliti
ad attribuire a un insieme di impressioni costantemente associate tra loro.
Quando mangiamo la mela percepiamo che è rotonda succosa,
fresca. Queste impressioni accomunate ci permettono di definirla una cosa, una
sostanza, la mela. Ma in fondo è solo un nome attribuito un insieme di
impressioni. L'errore sta nel ritenere esistente la mela come sostanza mentre è
una semplice compresenza di singole proprietà
Passando poi all'io spirituale, dunque, l'io e
l'anima è un’entità che dà ordine alle sensazioni. Secondo Hume
l'io non è altro che il frutto della nostra inclinazione individuale a dare un
fondamento unitario delle percezioni contigue, e così attribuire a
una presunta entità con un'ininterrotta e mutevole esistenza lungo il corso
della vita.
Ma l'io non ha una consistenza propria, infatti,
quando la morte annienta tutte le percezioni questa entità viene
completamente annullata e la stessa cosa accade a quello che viene abitualmente
definito mente.
L'assenza di certezze,
i dati di fatto affidabili
Il filosofo senza dubbio è uno scettico,
non possiamo essere
CERTI DI NIENTE ECCETTO CHE DELLE VERITÀ MATEMATICHE,
LE QUALI SONO COSTRUITE PER VIA RAZIONALE, SONO UNIVERSALI E NECESSARIE.
Tutto il resto e probabilità, così
come è probabile che continuerò a immaginare un fondamento sostanziale per le
percezioni che si presentano alla mente, così come supporre un io che
conferisce un'unità alle mie esperienze interiori.
Ma dice Hume che è ragionevole che gli uomini agiscano
secondo tali credenze e si facciano guidare dalle abitudini, perché anche
se bisogna definire le conoscenze relative ai dati di fatto come soltanto probabili,
non sono per forza del tutto prive di validità ma sono affidabili.
La prospettiva etica
di Hume
Ciò che fonda la morale per Hume è l'utilità o il danno
che la società ottiene da un determinato atteggiamento degli individui. Lo
stesso vale per la giustizia che non si definisce in riferimento ai principi
assoluti e immutabili ma la necessità di assicurare un'ordinata convivenza
civile.
La morale quindi non si fonda sulla malvagità del
vizio o la bontà della virtù, ma sul sentimento sociale che tende a promuovere
la virtù per promuovere la felicità di più persone possibili
Hume opera poi, inoltre, una distinzione tra la
-
sfera
dell'essere
-
sfera del dover essere
bisogna fare attenzione a non scambiare
il piano dell'essere con quello del dover essere.
Infatti, ubriacarsi o commettere violenza possono
considerarsi da condannare solo se recano danno anche agli altri (piano
dell’essere) mentre ubriacarsi in solitudine o recare danno a piante non può
essere giudicato sbagliato perché riguarda l’individuo stesso che
non nuoce ad altri individui. Il vizio e la virtù sono quindi una cosa non intrinseca
degli oggetti ma relative alla percezione dell’oggetto.
Quindi nella morale si parla di normale quando non
contrasta con la consuetudine umana e di anormale quando invece la
contrasta. Il bene e il
male devono essere giudicati su base empirica non in base a procedimenti
razionali
E quindi da capire che non ci sono dei criteri univoci e
universali per giudicare il bene e il male, ma Hume parla di un SENSO
DI MORALE NEGLI UOMINI che li porta verso il bene comune e la
possibilità di individuare i principi etici comuni.
Infine, Hume parla di una moderazione non soltanto
sul piano etico ma anche su quello della morale, ricordando che le esperienze
concrete rispetto a quelle metafisiche ci danno delle certezze, e che avendo
una ragione limitata bisogna cercare di non usare parole ho espressioni che
implichino dei cardini certi come è evidente certo o innegabile.
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